Lotto Soudal, quando la troppa ambizione porta a bruciarsi
Troppo allenamento non porta ai risultati sperati e Louis Vervaeke lo ha imparato sulla sua pelle. Al terzo anno da professionista con la Lotto Soudal, il belga è incappato nell’errore di chiedere troppo a se stesso per soddisfare il suo appetito di ambizione, trovandosi nella situazione di dover riaggiustare dei particolari nella propria preparazione e nell’impostazione della vita da corridore. Il corridore si è confessato in un’intervista a Het Nieuwsblad, ripercorrendo alcune fasi del suo rapporto professionale con la bicicletta. “La mia carriera si è sempre evoluta nella direzione giusta, con pochissime battute d’arresto”, premette il ventiquattrenne, che fra gli under 23 ha fatto il pieno di aspettative e buoni risultati. Un ragazzo che, al passaggio fra i professionisti, non ha voluto accettare il suo ruolo da matricola, ma ha voluto spingersi più in là possibile sin da subito. “Spesso sentiamo dire che, una volta passato professionista, riparti da zero. Nella mia testa, però, non ero pronto per accettarlo. Così mi sono dato un anno e mezzo per riuscire ad essere fra i migliori”, rivela Vervaeke.
Nuove sensazioni accolgono il fiammingo a partire da questo inizio di stagione, in cui coglie buoni risultati già dal Challenge Mallorca di fine gennaio. “Per la prima volta nella mia carriera, mi sono sentito di avere il livello per vincere tra i professionisti – rivela Vervaeke – Non avevo mai avuto questa sensazione prima”. Una sensazione che il giovane sovrastima e rincorre come preso da un vortice, trasformando la sua ambizione in un’ossessione. “Dopo il Challenge Mallorca ho iniziato a lavorare freneticamente, con molta motivazione. Con il mio allenatore abbiamo pensato di schiacciare sull’acceleratore. Francamente, le mie settimane di allenamento erano più pesanti di una corsa a tappe di una settimana e mi sono allenato finendo per essere completamente esausto”, confessa il portacolori della Lotto – Soudal.
Un chiodo fisso che ha sconvolto le sue abitudini quotidiane, quali l’alimentazione, per cominciare. “Durante i giorni di allenamento, mangiavo bene al mattino, ma da lì in poi troppo poco. Nei giorni di riposo le cose andavano peggio. Era un circolo vizioso, il mio corpo non ha recuperato e questa situazione si è riflessa su tutto: il sangue, ormoni, vitamine. E tutto a causa di un estremo sovrallenamento”, commenta il belga. Dopo il Giro dei Paesi Baschi Vervaeke ha preso coscienza della sua situazione e ha deciso, in accordo con il suo allenatore, di interrompere questo estremo regime. “Ero troppo ambizioso, ma entrambi abbiamo imparato da questa situazione“, sentenzia il giovane corridore. A conclusione del suo percorso, Vervaeke confessa l’insegnamento che ha colto da questa lezione di vita: “Devo solo impormi meno pressione”. Proprio oggi, il giovane belga ha dovuto alzare bandiera bianca al Giro di Svizzera nel corso delle prime battute della sesta tappa.
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